Santa Fiora
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Santa Fiora è un comune di poco meno di 2.800 abitanti in provincia di Grosseto. Dista dal capoluogo circa 60 chilometri. Comprende le frazioni di Selva, Bagnolo, Bagnore e Marroneto.
Il territorio comunale si estende per quasi 63 km² nell'area del Monte Amiata, sviluppandosi tra quote collinari e montuose. Confina a nord con il comune di Castel del Piano, a est con i comuni di Abbadia San Salvatore e Piancastagnaio e la provincia di Siena, a sud-est con il comune di Castell'Azzara, a sud con il comune di Semproniano, a sud-ovest con il comune di Roccalbegna e a nord-ovest con il comune di Arcidosso.
Frazioni :Bagnolo,Bagnore,Marroneto,Selva.
Il territorio comunale si estende per quasi 63 km² nell'area del Monte Amiata, sviluppandosi tra quote collinari e montuose. Confina a nord con il comune di Castel del Piano, a est con i comuni di Abbadia San Salvatore e Piancastagnaio e la provincia di Siena, a sud-est con il comune di Castell'Azzara, a sud con il comune di Semproniano, a sud-ovest con il comune di Roccalbegna e a nord-ovest con il comune di Arcidosso.
Frazioni :Bagnolo,Bagnore,Marroneto,Selva.
Nel territorio di Santa Fiora vi sono tracce di Neolitico, Eneolitico e dell'Età del bronzo (etruschi e poi romani). Vi sono anche prove attestati lo sfruttamento in antichità delle proprietà coloranti del cinabro, ovvero della pietra dal quale si ricava il mercurio e all'estrazione della quale è legata tutta la storia del '900 amiatino.
Risale all'anno 890, e ha come oggetto questioni di confine della proprietà dell'Abbazia di San Salvatore, il primo documento che cita esplicitamente Santa Fiora. Già intorno al 1082, tuttavia, essa compare come insediamento umano dove gli Aldobrandeschi allestiscono le prime mura di protezione, tanto che dal 1141 gli scritti iniziano a parlare di Castello S. Flore. Proprio la penetrazione degli Aldobrandeschi sull'Amiata, messa in atto allo scopo di rompere l'egemonia esercitata su tutto il territorio dagli abati di San Salvatore, fa di Santa Fiora, a partire dal XIII secolo, uno dei centri più importanti della bassa Toscana, dal quale si propaga la forza dei conti stessi che cominciano ad essere nominati i "conti di Santa Fiora". La frantumazione dei possedimenti della Famiglia e il passaggio sotto il controllo dei senesi è il segnale del declino che investe la Contea di Santa Fiora dalla metà del XIV secolo; "…e vedrai Santafior com'è oscura", scrive a tal proposito Dante nel VI canto del Purgatorio. In seguito (1439) con il matrimonio tra Cecilia Aldobrandeschi (Figlia di Guido, spodestato da una nobildonna senese della famiglia Salimbeni) e Bosio della Famiglia Sforza di Milano, il decadimento di Santa Fiora sembrò in parte arrestarsi, anche se i nuovi Signori preferiranno "investire" su Roma lasciando i possedimenti amiatini in mano ad amministratori, tra i quali spiccano quelli della famiglia romana dei Luciani nel XVIII secolo.
Il ramo degli Sforza di Santa Fiora ebbe il suo periodo di massimo splendore nel '500, grazie anche alle politiche diplomatiche e di alleanze intessute dal capostipite Guido, il quale, non solo era spostato con una parente stretta del Papa Paolo III Farnese, ma riuscì a maritare due dei suoi discendenti con la figlia e la nipote dello stesso pontefice. Tali intrecci garantirono e indirizzarono i membri della famiglia sulla strada di brillanti carriere ecclesiastiche e militari.
Nel Seicento Santa Fiora era uno dei centri più popolosi della parte occidentale dell'Amiata, tuttavia qualcosa cominciava scricchiolare nel potere degli Sforza consolidatosi anche per merito di un altro personaggio importate, Mario Sforza. Da una parte, quindi, la non altrettanta lungimiranza dimostrata dagli altri componenti della famiglia, che determinò la dismissione e la vendita di molte proprietà, dall'altra il potere e le politiche attuate in Toscana da Pietro Leopoldo portarono i feudatari di Santa Fiora alla perdita di molti privilegi. Tra il Settecento e l'Ottocento gli Sforza, divenuti nel 1674 Cesarini Sforza (matrimonio tra Federigo Sforza e Livia Cesarini, ricca ereditiera romana), potevano comunque ancora contare su molti possedimenti, anche se la popolazione si stava progressivamente impoverendo, in parte a causa dell'eliminazione degli usi civici. Con l'unità d'Italia la situazione non migliorò: l'inasprimento fiscale e altri obblighi imposti dal governo centrale peggiorarono notevolmente la situazione.
"Il comune di Santa Fiora, oltre al paese omonimo, contiene anco i villaggi denominati il Bagnolo, Casell'Azzara, Cellena, Selva e Selvena, con varie case in diverse direzioni sparse. Il territorio di questa comunità occupa una superficie di ettari 15.485 ed ari 54 con una popolazione di 5434 abitanti e confina con le comunità di Sorano, Pian Castagnaio, Castel del Piano, Arcidosso, Roccalbegna, e collo stato italiano ancor soggetto al Papa." Così viene inquadrata Santa Fiora da un documento del 1865 di D. Carlotti dal titolo "Statistica della Provincia di Grosseto". La situazione rimarrà così fino alla costituzione dei comuni di Castell'Azzara e Semproniano.
Centro Storico
Palazzo Sforza Cesarini
Il Palazzo Sforza Cesarini è una delle principali architetture del centro storico della località amiatina di Santa Fiora; si affaccia sulla piazza principale del paese.
Il palazzo è stato costruito attorno al 1575 nel luogo dove sorgeva l'originaria Rocca aldobrandesca di Santa Fiora.
La primitiva fortificazione, della quale rimangono attualmente 2 torri addossate al palazzo, sorse attorno all'anno mille e, nella seconda metà del Duecento, divenne la sede del potere della Contea di Santa Fiora, a seguito della spartizione dei beni della famiglia Aldobrandeschi.
Poco prima della metà del Quattrocento, i Senesi rapirono le 3 figlie che costituivano l'intera prole di Guido Aldobrandeschi per impadronirsi dei vari centri della contea; tuttavia, il piano non riuscì per Santa Fiora e la sua rocca che vennero ereditate dagli Sforza, a seguito del matrimonio tra Bosio Sforza e Cecilia Aldobrandeschi.
Da allora, l'intera Contea di Santa Fiora divenne contea sforzesca e, nel corso del Cinquecento, gli Sforza fecero costruire nuovi edifici residenziali, come appunto il Palazzo Sforza Cesarini di Santa Fiora, la Villa Sforzesca nei pressi di Castell'Azzara e la Fattoria di Pomonte nei dintorni di Scansano.
Lo stato autonomo sforzesco uscì definitivamente dalla scena politica nel 1624, quando tutto il suo territorio entrò a far parte del Granducato di Toscana.
Il Palazzo Sforza Cesarini si presenta come un imponente complesso costituito da una serie di corpi di fabbrica allineati e addossati consecutivamente tra loro.
Il complesso è caratterizzato da strutture murarie in pietra, dove si aprono finestre rettangolari e, al pian terreno, una serie di porte ad arco tondo. In linea generale, i fabbricati presentano i caratteri stilistici tipici del periodo tardocinquecentesco, ad eccezione della porta ad arco gotico proveniente dalle preesistenti strutture medievali che comprendevano anche le 2 torri addossate.
La Torre degli Aldobrandeschi e la Torre dell'Orologio costituivano una parte dell'antica Rocca aldobrandesca di Santa Fiora.
La Torre degli Aldobrandeschi si presenta a sezione quadrangolare, molto imponente, con strutture murarie in pietra dove si aprono alcune finestre disposte su più livelli ed una serie di feritoie che, in passato, venivano usate per funzioni di difesa ed offesa. La parte alta è priva di coronamenti.
La Torre dell'Orologio, più bassa, si presenta a sezione quadrata con un alto e possente basamento a scarpa cordonato; a metà altezza, sulla parete che guarda verso la piazza, è collocato l'orologio che le conferisce la denominazione; le strutture murarie in pietra hanno mantenuto pressoché intatto l'originario aspetto medievale. La torre culmina con una prima merlatura poggiante su mensole sporgenti che racchiudono archetti ciechi, sopra la quale si eleva una piccola torretta centrale, coronata a sua volta da un'altra merlatura simile ma proporzionata a quest'ultima; all'estrema sommità è collocata una campana culminante con una croce. Entrambe le merlature sono il risultato di interventi di restauro effettuati nel corso dell'Ottocento.
La Peschiera
la “Peschiera“ è inglobata nel borgo medioevale di Santa Fiora: è uno specchio d’acqua racchiuso da mura di granito. In origine fu vivaio ittico dei conti Aldobrandeschi, in seguito divenne il centro del parco – giardino rinascimentale che ospitò la visita di papa Pio II Piccolomini nel 1464. Dalla Peschiera ha origine il Fiume Fiora e la sorgente che alimenta gli omonimi acquedotti che dissetano tutta la maremma Grossetana. A lato della Peschiera, inglobato nelle mura di cinta,sorge l’Oratorio della Madonna delle Nevi (XVII° sec.), comunemente detto “ Oratorio della Piscina”. Nella facciata è collocata una terracotta Robbiana raffigurante le Sante Flora e Lucilla.. All’interno affreschi attribuiti al Nasini sotto il pavimento,recentemente ristrutturato con piastre trasparenti , scorre una vena sorgiva nella quale un tempo venivano immerse le fedi nuziali dei novelli sposini. ………. Lasciamo al turista la scoperta del paese ricco di storia e arte, diviso in tre terzieri: Castello, Borgo, Montecatino. Un vecchio adagio recita: “ a Santa Fiora chi ci va ci s’innamora! “……….
La Chiesa Madonna della Neve
La chiesa della Madonna della Neve si trova a Santa Fiora, nel terziere di Montecatino.
Chiamata anche chiesa della Piscina, poiché sorge a ridosso della peschiera, fu edificata nella prima metà del Seicento.
Sulla facciata è da segnalare una terracotta robbiana con Le sante Flora e Lucilla, simile a quelle conservate nell’omonima chiesa.
All’interno, recenti restauri hanno riportato alla luce quattro affreschi di figure sacre opera di Francesco Nasini.
La chiesa si segnala anche per la sua insolita posizione: è infatti collocata al di sopra di una vena d’acqua sorgiva, visibile attraverso un vetro collocato recentemente sul pavimento.
La Chiesa delle Sante Flora e Lucilla
Nella chiesa delle Sante Flora e Lucilla a Santa Fiora si trova un’importante e rara collezione di terrecotte robbiane.
Si tratta di bassorilievi realizzati con la particolare tecnica della terracotta invetriata, che permette di ottenere bianchissime figure stagliate su un fondo azzurro e contornate da fregi vegetali di fiori e frutta.
Unico esempio di arte fiorentina in un territorio culturalmente soggetto al dominio dell’arte senese, vennero realizzate su commissione del Conte Guido Sforza da Andrea della Robbia tra il 1465 e il 1490 per ornare la cappella di famiglia.
Oggi queste opere, di rara e sobria bellezza, sono collocate lungo le pareti interne dell’edificio. Oltre a un bellissimo crocifisso, a un tabernacolo per gli oli santi e ad un pulpito (decorato con tre pannelli raffiguranti L’Ultima Cena, la Resurrezione e l’Ascensione), nella parete destra si trova un trittico con L’Incoronazione della Vergine al centro, e ai lati Le stimmate di san Francesco e San Girolamo penitente.
Tra tutti i bassorilievi conservati il più imponente e interessante è quello raffigurante L’Assunzione della Vergine, nel quale le figure centrali, che si stagliano sul fondo azzurro, sono sormontate da una lunetta con l’Eterno benedicente; in basso, agli spigoli della predella, che contiene delle storie sacre, si trovano gli originali stemmi degli Sforza di Cotignola.
Recentemente è sorta una leggenda intorno a un acino mancante da uno dei grappoli d'uva della cornice del Battesimo di Gesù: si dice che sia stato tolto da un soldato americano durante l’ultima guerra mondiale, curioso di vedere di quale materiale fosse fatto.
La Chiesa di Sant'Agostino
La Chiesa di Sant'Agostino l'originaria chiesa di San Michele Arcangelo, consacrata nel 1146, fu affidata agli Agostiniani nel 1309.
L'attuale edificio, risalente al 1681, ha la facciata decorata da lesene ai lati e dal portale con timpano spezzato sormontato da una finestra. Il trecentesco campanile presenta tre ordini di bifore ed una trifora in parte tamponata. L'interno ha una pianta rettangolare che termina con un'abside ed è coperto a capriate.
Vi è conservata una Madonna col Bambino della scuola di Jacopo della Quercia.
Nella parete destra è collocata la pietra sepolcrale del conte Ildebrandino di Bonifazio, e in quella sinistra un Crocifisso ligneo trecentesco. In sagrestia si trovano due busti-reliquiari di Sant'Agostino (1765) e Santa Monica (1773).
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